Partiamo da un’immagine molto nota, rifatta mille volte nella storia del cinema, Fantozzi compreso, L’immagine dell’arrivo del treno alla stazione di La Ciotat, uno dei primi “film” mostrati agli spettatori del 28 dicembre 1895. L’anedotto sullo spavento degli spettatori può fornire lo spunto per evidenziare l’altro aspetto caratterizzante l’immagine cinematografica rispetto alla percezione del nostro occhio. Noi percepiano la realtà come un tutto continuo, illimitato; la nostra visione, per quanto possa sembrare limitata dal contorno dell’occhio, é in effetti continua e senza “bordi” perché noi ci muoviamo, si muovono i nostri occhi, la testa, determinando psicologicamente un campo visivo illimitato. Al cinema l’immagine é come sappiamo delimitata da quattro bordi. Quindi l’immagine cinematografica, si dice, “inquadra”, mette in cornice una porzione di spazio. Quella che noi abbiamo chiamato fino ad ora immagine cominciamo a chiamarla inquadratura, intesa come unità di base del film, del linguaggio cinematografico. Un film é essenzialmente composto di inquadrature. Una delle caratteristiche principali dell’inquadratura é proprio quella di poter essere definibile in base ad un doppio criterio: se inquadrare significa selezionare una porzione di spazio chiamiamo campo tutto ciò che ci viene mostrato e come fuori campo tutto quello che non ci viene mostrato ma che fa parte dell’ambiente di cui quell’inquadratura non è che un prelievo. Oltre al filmato dei Lumiere pubblico Charlot alle corse, un filmato illuminante sull’uso del fuori campo.
In questo filmato, in cui vediamo per la prima volta il personaggio di Charlot con il suo tipico abbigliamento bombetta, bastone e giacchetta, il regista del filmato tenta continuamente di eliminare dallo spazio dell’inquadratura la figura dell’intruso, appunto Charlot. Questo filmato ci permette di introdurre numerose questioni:
- l’evoluzione del personaggio di Charlot che riprenderemo con Tempi Moderni, la sua natura violenta e dispettosa nelle primissime comiche degli anni ‘14/’15;
- la tecnica, l’evoluzione delle macchine da presa, qui ben visibili con l’operatore che gira la manovella e non guarda in macchina; le prima macchine da presa non avevano il mirino!!!
- il fuori campo nel qualei il personaggio viene continuamente cacciato.
Charlot alle corse e il filmato dei Lumiére possono quindi ben introdurre quella dimensione fondamentale dell’inquadratura, dimensione tutta immaginaria, che é quella del FUORI CAMPO. Quanti sono gli spazi fuori campo e come dialogano? Gli spazi del fuori campo sono sei: i quattro bordi, lo spazio dietro la scenografia (dietro il treno nell’immagine qui sopra) e quello della macchina da presa (ben evidente nella comica di Charlot).
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