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Minuto Lumière: primissime prove in classe

Insieme a Marco rivediamo alcuni minuti dei Fratelli Lumière (il gatto, la colazione del bebè, gli spettatori dell’esposizione universale sul tapis roulant ecc…) e rileggiamo le Regole del gioco che ci sono state date dalla Cinémathèque. Vista l’età dei ragazzi e l’impossibilità di uscire in strada immediatamente, cerchiamo di lavorare, per questo primo incontro pratico, in classe, cercando di inventare una storia di un minuto. Se le vedute Lumière avevano come presupposto l’osservazione della realtà e la sua messa in quadro, riteniamo che ragazzi cosi piccoli vadano inzialmente sollecitati e coinvolti con una storia, con un racconto in grado fargli cogliere le differenze rispetto al lavoro di osservazione che faremo negli incontri successivi.

Chiediamo a tutti di scrivere in 5 minuti una situazione interessante che possa essere raccontata con una sola inquadrature e nel tempo di un minuto. Leggiamo gli elaborati e si sviluppa un lungo dibattitto in cui alcune storie vengono scartate perchè troppo lunghe o ambientate in luoghi diversi dalla classe. La storia di Gianluca sembra la più papabile. Ma dove posizioniamo la macchina da presa? Anche qui si fanno molte ipotesi. Alla fine capiamo che deve essere messa in maniera tale da vedere la porta d’ingresso della classe.

Ecco alcuni dei minuti realizzati

A turno alcuni ragazzi si sistemano dietro la macchina da presa e altri recitano la scenetta.

 

 

 

Le regole del gioco

Nell’incontro pomeridiano del 5 ottobre Nathalie Bourgeois ha presentato le Regole del gioco della 20 edizione, che potete trovare a questo indirizzo. Sono ovviamente degli spunti sui quali tutti i partecipanti al progetto si eserciteranno nel corso dell’anno e che saranno oggetto di analisi e di confronto attraverso il blog allestito dalla Cinematheque e poi negli incontri di marzo e giugno a Parigi.

Ad una prima lettura il percorso si configura più semplice rispetto alla precedente edizione, soprattutto per il fatto di dover fare a meno del montaggio, una fase sempre molto complessa da gestire con gli alunni sia sul piano tecnico che temporale.

Savini – Esercizio 1

Seguendo lo stesso procedimento adottato per la classe elementare, abbiamo chiesto ai ragazzi di scegliere un sentimento, associarlo ad un luogo della scuola e cercare di immaginare una giusta situazione, un’adeguata messa in scena, magari uscendo da immagini troppo stereotipate con cui un certo sentimento viene solitamente rappresentato.

IMG_4762 Trascorso il tempo necessario per lasciarli riflettere, ognuno di loro è stato chiamato a leggere quanto appuntato sul libretto e le idee che ci sembravano migliori venivano subito improvvisate. Nel sentire le loro proposte abbiamo messo in evidenza quella che ci è sembrata una delle ‘sviste’ ricorrenti in questo primo esercizio: lo scegliere delle situazioni, delle azioni che risultano visivamente poco efficaci, poco evocative o facilmente fraintendibili perché rinviano a qualcos’altro. Sebbene possano trovare delle difficoltà in questo tipo di operazione, è importante che i ragazzi riescano a trovare il modo di far coincidere il più possibile ciò che hanno immaginato (la propria idea) alla sua rappresentazione concreta, seguendo il metodo di lavoro e le varie indicazioni date per realizzarla. Per facilitare il compito dei ragazzi, abbiamo chiamato uno di loro alla lavagna invitandolo a disegnare, all’interno di un’inquadratura, gli elementi della sua messa in scena, descrivendo a voce il modo in cui le figure dovevano essere disposte e la loro posizione rispetto alla mdp. Con la partecipazione dei suoi compagni, abbiamo quindi stabilito quali dovevano essere i parametri di scatto.IMG_4798

In questo frangente, passando concretamente all’atto, alla realizzazione di un prodotto audiovisivo, si corre il rischio, per chi ha il compito di guidare un esercizio del genere,  di condizionare i ragazzi spingendoli ad un certo tipo di messa in scena, inquadratura, disposizione ecc., piuttosto che un’altra, limitando in questo modo anche la loro creatività, la loro libertà di espressione perché più attenti e interessati al risultato che alla pratica educativa in sé. E’ un pericolo più volte sollevato da Alain Bergala nel suo testo, L’ipotesi cinema, in cui paventa che l’oggetto da realizzare, foto o video che sia, diventi “la finalità stessa di una pratica creativa in classe, e di deviarla cosi dalla sua profonda ragion d’essere”. E’ un argomento importante sul quale torneremo e a cui lo studioso francese dedica alcune densissime pagine del suo volume.

Con gli alunni delle scuole medie si potrebbe anche fare un’ulteriore procedimento nell’atto di creare una messa in scena e di scattare una foto: potrebbero far finta di trovarsi in uno spazio vuoto (partire da un grado zero) e provare non solo ad inserirci gli attori-compagni, ma anche a cambiare elementi relativi alla ‘scenografia’ come è stato fatto, almeno in parte, con i bambini delle elementari.vergogna

Una prima prova più dettagliata l’abbiamo effettuata traendo spunto da un’idea che è venuta in mente ad una ragazza, su una tipica situazione di bullismo che però viene fermata da un gesto di solidarietà nei confronti di chi stava per essere colpito.

Con una seconda, invece, abbiamo provato a rappresentare il sentimento della vergogna inventando una situazione con un po’ di humor: una ragazza, seduta in prima fila, dopo aver fatto una puzzetta prova vergogna perché si accorge che i compagni vicino a lei ne hanno sentito il cattivo odore e la additano con scherno. In questo caso abbiamo tentato di sfruttare maggiormente lo spazio e le caratteristiche dell’aula in cui ci trovavamo.esclusione  solidarietà:aiuto