Con l’incontro di oggi abbiamo affrontato le dinamiche che regolano la messa in scena dando avvio allo svolgimento del primo esercizio assegnato dalla Cinèmatèque e che potremmo denominare “una foto, un sentimento”.
L’approccio iniziale è stato quello di simulare la posa di una foto, variando di volta in volta le espressioni del viso, la relazione tra i due soggetti, la distanza tra l’uno e l’altro; di far capire come una persona si muove nello spazio, come riesce a comunicare qualcosa, come si esprime con il viso, con i gesti. Ad esempio, prendendo un bambino e una bambina abbiamo provato a rappresentare (e quindi anche a differenziare), prima un rapporto di fratellanza, poi di amicizia, e infine d’amore.
Entrando più nello specifico, abbiamo disegnato alla lavagna due figure immerse in uno spazio e poi racchiuse in vari tipi di inquadrature, per diversificare delle situazioni, mettendo in evidenza gli elementi su cui bisogna lavorare per svolgere il primo esercizio: la posizione dei due (o più) personaggi/attori, il movimento dei loro corpi; il rapporto tra di loro; e infine come bisogna fotografare/riprendere queste tre cose in modo tale da far capire che si è voluto rappresentare quel particolare sentimento. Così, dopo diverse lezioni teoriche, i bambini hanno cominciato a sperimentare direttamente la pratica della messa in scena, provando a rappresentare il sentimento della rabbia. Li abbiamo prima aiutati a comprenderne il significato, il come e quando questo sentimento si manifesta; poi ognuno di loro ha dovuto pensare a un’idea che potesse funzionare bene per il nostro discorso, magari attingendo anche alle immagini dai loro trascorsi, dalle proprie esperienze.

Dalle prime proposte abbiamo notato che i bambini avevano pensato a delle situazioni ed espressioni che riflettevano più un sentimento di invidia che di rabbia, perciò abbiamo spiegato brevemente quale fosse la differenza e fornite delle piccole indicazioni. Un primo e significativo esempio ci è venuto da Alessio, che ha immaginato di rappresentare il sentimento attraverso il gesto e l’espressione con cui un compagno è intento a fermare un altro compagno che sta per strappare la pagina da un quaderno a cui lui tiene molto. Per far capire meglio come accentuare una simile situazione, abbiamo consigliato, nello scegliere le espressioni dei due compagni e la posizione dei loro corpi, che devono evidenziare sia il motivo che la conseguenza di quella rabbia, per quel gesto. I bambini hanno capito come, cambiando e migliorando anche di poco alcuni particolari, si possa ottenere un effetto migliore. Subito dopo un altro bambino, Fabio, ha scattato la stessa azione, ma collocandosi ad un punto diverso e utilizzando un’altra inquadratura. Mentre Federica ha preferito risaltare più i volti dei due compagni avvicinandosi soprattutto al compagno che sta subendo il torto e in cui risiede, appunto, il sentimento di rabbia.

Dopodiché, ad uno ad uno i bambini sono stati chiamati a nominare un sentimento a cui hanno pensato e che potrebbe essere usato per le esercitazioni: invidia, avvertimento, curiosità, paura, amicizia, gioia, tristezza, riflessione, angoscia, malinconia, pazienza, indifferenza, vergogna, felicità, solidarietà, gentilezza, menefreghismo, solitudine. Alcuni di questi verranno rappresentati in classe anche nel prossimo incontro; sugli altri dovranno lavorare, individualmente, e al di fuori del laboratorio, nei prossimi giorni. Ognuno di loro dovrà scegliere almeno un sentimento, può farsi aiutare esclusivamente da un suo compagno o da una sua compagna – non da persone adulte, quindi – e chiaramente devono essere almeno in tre: uno che scatta la foto e due che interpretano la scena.
Per concludere abbiamo fatto un’altra prova in classe, in merito alla rappresentazione della solitudine, ideata e scattata da Gaia, poi da Piergiuseppe e Martina, da punti diversi dell’aula e da diverse distanze. Infine abbiamo provato a raccontare questo sentimento scegliendo uno spazio diverso e che lo amplifica enormemente: il corridoio. Anche qui sono state fatte alcuni scatti da diversi bambini, ma uno in particolare sembra evocare molto la solitudine, quello fatto da Emanuele, che ha pensato di sfruttare anche un altro elemento, quello della luce, o meglio della mancanza di luce, della zona d’ombra in cui era disposta la bambina in disparte.
Di seguito le foto che abbiamo selezionato da presentare alla Cinémathèque:

