Per questa nuova edizione del progetto l’Italia viene rappresentata da due Istituti della Città di Teramo: l’istituto Savini/San Giuseppe, con la stessa classe dello scorso anno, e un nuovo istituto per quanto riguarda la scuola primaria, ovvero D’Alessandro/Risorgimento/S.Berardo, con la docente Anna Di Monte.
La due giorni a Parigi è come al solito molto intensa, racchiusa intorno alle parole e agli esempi di Bergala e alla sua tassonomia “portatile” di piani-sequenza. La nostra sintesi è ovviamente molto parziale, ma avremo modo di tornare nel corso dell’anno sulla riflessioni avanzate da Bergala in questi due giorni.
Innanzitutto accogliamo con grande gioia le parole di Nathaliè Bourgeois che, in apertura dei lavori, annuncia la presenza di nuove nazioni che si aggiungono al progetto: la Germania, il Belgio e l’Austria.
Il primo pomeriggio di lavoro con Bergala è molto incentrato sui padri del piano-sequenza, ovviamente i Lumièré e le loro vedute – ma senza dimenticare Edison – all’interno delle quali possiamo ritrovare tutte le caratteristiche salienti dei piani sequenza che vedremo successivamente. Bergala procede evidenziando i fattori differenzianti tra i vari piani-sequenza: contrapposizione tra fissità e movimento, movimento interno/esterno, pianificazione/casualità, costruzioni verticali/orizzontali/disperse ecc…
Dalle vedute primitive passiamo alle finzioni primitive e quindi alle costruzioni teatrali delle prime sequenze narrative, in cui l’inizio e la fine della scena coincidono con il cambio di inquadratura (Ma l’amore mio non muore di Mario Caserini).
Il cinema comico fa un uso costante del piano-sequenza in funzione della performance fisica dell’attore, come dimostra chiaramente Chaplin fin dalle prime comiche (come Charlot boxeur). Keaton invece sarà meno debitore del piano fisso a favore del montaggio e della scomposizione del suo corpo.
Ma se ci spostiamo dal cinema comico muto ci rendiamo conto come uno dei tratti salienti del piano-sequenza sia proprio quello di registrare gli stati del corpo e del sentimento, come in Lola di Fassbinder o il finale di Vive l’amour di Tsai Ming-Liang. Quest’ultimo esempio dimostra come il piano sequenza possa registrare qualcosa di incontrollabile.
Un’altra matrice del piano-sequenza ci viene mostrata dall’inizio di Una giornata particolare di Ettore Scola: la macchina da presa che entra dall’esterno verso un interno, come accade all’inizio di Psycho. E’ l’entrata nel racconto? Ne Les demoiselle de Rochefort di Jac Demy c’è un movimento analogo, ma libero dagli spostamenti dell’attore come in Scola. Anche qui individuiamo un altro elemento con cui suddividere i piani sequenza: la dipendenza o meno dal movimento dell’attore o di un elemento interno al quadro. Ci sono infatti dei piani-sequenza prettamente descrittivi, in cui l’attraversamento dello spazio avviene in maniera solo esteriore, come ne Il piacere di Max Ophuls.
Non può mancare Nodo alla gola di Hitchcock. Al di là della sfida del regista e della necessità di inventare delle soluzioni per mascherare la fine del rullo di pellicola, Bergala mette in evidenza come molte sequenze siano risolte pensando di più al decoupage classico che al piano-sequenza in quanto tale.
Il giorno successivo, la mattina del 5 ottobre, Bergala riprende il discorso dei piani-sequenza che seguono i movimenti dei personaggi, da Quei bravi ragazzi di Scorsese ad Aurora di Murnau; in particolare quest’ultimo in cui il movimento è scisso tra la donna e l’uomo. E’ quanto accade nella penultima inquadratura del film visto il giorno precedente, Vive l’Amour, ma anche nell’inizio de L’infernale Quinlan. La macchina da presa oscilla tra i personaggi e gli oggetti del profilmico in un continuo gioco in cui si prendono e lasciano i personaggi.
Al contrario il piano-sequenza può essere puramente soggettivo ed emotivo, come nell’esempio fulminante di Journal de France di Raymond Depardon.
Ma il piano-sequenza può enfatizza il ruolo della macchina da presa, il suo valore enunciativo, soprattutto quando deve mettere in evidenza i dettagli, come nel famigerato esempio di Notorius di Hitchcock, che si conclude con l’inquadratura fortemente deittica della chiave.
Al contrario il piano sequenza può rimanere indifferente al movimento dell’azione, ne può smorzare la forza drammatica. Mizoguchi ne I racconti della luna pallida d’agosto mostra un brutale assassinio senza mai muovere la macchina da presa, che rimane lontana e assente. Tuttavia questa scelta produce paradossalmente un effetto contrario, di grande realismo e la sequenza diventa un autentico shock emotivo.
Grande spazio viene dato al cinema orientale attraverso la visione di diverse sequenze del film Goodbye south, Goodbye di Hou Hsia-hsien, in cui molte situazioni sono trattate con il piano sequenza. Secondo Bergala il cinema orientale ha rivitalizzato questa figura del linguaggio cinematografico per ragioni intrinseche al pensiero e all’arte orientale, in cui conta lo spazio tra i soggetti, il “tra”, più che la centralità del soggetto.
Il cinema portoghese di Monteiro ci offre l’esempio di un piano-sequenza nuovo, in cui dominano i valori grafici, materici, che si fanno in diretta, come nella scena de La commedia di Dio, in cui la donna è riflessa sul vetro con le biglie che si spostano e la differenza di fuoco che si realizza nel tempo. Della stessa natura è il piano-sequenza delle grotte in Stalker di Tarkovskj in cui conta la plastica trasformazione del quadro.
Nell’incontro conclusivo del pomeriggio viene dato spazio alle proposte didattiche di alcuni formatori esperti e al commento delle regole del gioco che pubblicheremo tra breve.